venerdì 2 ottobre 2015

Mau&Seb

La sua popolarità è schizzata in alto, nel giro di poche settimane e poi di poche ore. Non si capisce che effetto gli faccia, nel profondo. Perché lui, Maurizio Arrivabene è sempre stato un po’ orso, un po’ ruvido, un po’ timido. E lo dimostra ogni domenica, ogni intervista.. qualcuno ha notato che non guarda mai la telecamera..?!? La scorza non la racconta giusta, non del tutto almeno. Si, perchè infondo è più morbido di quel che si possa pensare. Questo sino alla sua vita di ieri quando non compariva ogni tre minuti alla tv, quando poteva abbinare il proprio ruolo alla propria riservatezza. “Mau” (così lo chiamano!) da moltissimo tempo fa parte della comitiva a motore. Protagonista di una ottima carriera dentro la Philip Morris, che poi significa Ferrari per un verso, Ducati per un altro. Non un semplice sponsor. Una azienda e un manager con voce in capitolo, presenti nel momento delle decisioni, delle strategie. Determinato, in pista e fuori. E' lui, infatti, l’inventore di un evento invernale, il WROOOM, organizzato (sino ad un paio di anni fa!) a Madonna di Campiglio (per il quale posso dire "c'ero anche io!"), in Trentino, con i piloti a sciare insieme ai giornalisti, con Ecclestone e Montezemolo in visita pastorale. Divertimento, conferenze stampa, slalom, gare su ghiaccio e bevute sotto le Dolomiti.
 
Le corse, una passione. Messa da parte per motivi di lavoro quando entrò nella filiale europea della Philip Morris, 1997, applicando metodi propri ed efficaci a marketing e comunicazione soprattutto. Il che gli ha permesso di seguire i Gran Premi da un punto di vista assai ravvicinato, di capirne i meccanismi e i protagonisti. Un uomo determinato e razionale. Astuto e poco propenso alla ribalta. Credo che questi siano stati gli ingredienti utili a Sergio Marchionne nel momento della nomina a responsabile della Scuderia Ferrari, dopo aver eliminato quel Marco Mattiacci che, per dirla tutta, non serviva a niente. Il tutto abbinato ad una crescita evidente che aveva portato Arrivabene a far parte della F.1 Commission come rappresentante degli sponsor presenti nei Gran Premi.
 
L’avvio di stagione, così rosso smalto, deve averlo persino spiazzato. Di certo ha a che fare con un impegno profondo, con il desiderio di dare una svolta ad una squadra in difficoltà. Era preoccupato, forse, ad inizio mandato, dati i risultati recenti e scadenti della Ferrari, data una salita da compiere sul fronte delle questioni più squisitamente tecniche. In compenso, un pilota nuovo e molto consapevole del proprio ruolo, Sebastian Vettel, un gruppo di tecnici chiamato ad una rivoluzione. E’ stato bravo, Maurizio. Ed ha avuto anche fortuna perché alla fine della fiera, tutto va bene se va bene la macchina in pista. E, per questo, non si può non elogiare il lavoro di Sebastian Vettel, ma andiamo con ordine. 

Per Arrivabene, il cui cognome è diventato un luogo comune del doppio senso ( hehehe :P ), un trionfo personale, solo attutito dai suoi richiami alla prudenza, ai “piedi per terra”. Lo elogiano, lo inquadrano, lo intervistano ad ogni occasione (meglio se per qualche vittoria, la cosa che lo rende più timido!), è anche il protagonista di qualche simpatico fotomontaggio di Lotus.
 
Lui, ancora, alterna imbarazzo a orgoglio, sembra perfettamente consapevole di trovarsi nel posto giusto al momento giusto e, finalmente, può guardare avanti con un poco di sollievo.. assistito dal suo "pupillo" che vive la sua personale rivoluzione.


Già, perché in pochi mesi è cambiato quasi tutto attorno a Sebastian Vettel. Ciò che è accaduto e sta accadendo al tedesco mostra, per cominciare, l’incidenza dell’elemento Ferrari sul destino di un campione. Qualcosa che prende il soggetto in questione, ovunque si trovi, e lo pone in un centro mai sperimentato prima. Non a caso la popolarità di Sebastian è cresciuta molto di più durante questi primi e pochi mesi in rosso, di quanto non fosse cresciuta nel quadriennio del suo poker iridato. Il che comporta saper maneggiare una serie di attrezzi per gestire una posizione privilegiata per molti versi, complessa e difficile per altri. Vettel in questo senso mostra oggi una maturità più rotonda, a dimostrazione di un passaggio compiuto nel momento adatto.

 
A Maranello, complici risultati più favorevoli rispetto al recente passato della Ferrari, il biondino si è dimostrato abilissimo. Muovendosi come si deve sia dentro il box, sia nei confronti della platea. Poche parole in italiano, pronunciate al momento opportuno e quindi efficacissime (l'avete sentito tutti cantare "L'Italiano" di Toto Cotugno via radio!). Una umiltà utile a conquistare la fiducia dei suoi uomini, più il solito rendimento costante ad alto livello, sia in qualifica che in gara.
 
Seb sapeva di poter sopportare e di dover sostenere un periodo caratterizzato dall’impossibilità di puntare ad un titolo. Di conseguenza ha accolto questa sua nuova sfida con la mentalità adatta, con la serenità che proprio l’aver stravinto sino a ieri consente. Il che ha radicalmente trasformato l'atteggiamento della tifoseria Ferrari nei confronti del pilota di punta della Ferrari. In questo senso, la differenza con Alonso è enorme. Sino allo scorso anno si trattava di rapporti solo passionali per il "Rosso Ferrari", inglobando anche l'asturiano. Ma "il tempo è galantuomo!" [cit.]
 

 
Adesso, pur senza la speranza di vincere il Mondiale, pur subendo distacchi molto marcati dalla Mercedes, Vettel viene visto come un tutore rassicurante. Magari non siamo all’amore folle ma siamo alle prese con un flirt assai promettente. Vettel, delicato nei tratti, sorridente e disponibile, lascia intendere che ci troviamo all’inizio di una love story dal futuro radioso. Il che ha già eliminato dalla scena i carichi pendenti del passato. Non importa il cronometro. Piuttosto, importa una tendenza, una ipotesi di felicità al momento assai consistente.
 
Anche l’inizio dell’avventura Alonso fu segnata da una quantità di aspettative alte. Ma il passato di Fernando, allora, era assai diverso dal passato di Vettel ora. Ed è questa la base che determina parte del futuro. Al netto, come sempre e come è bene ribadire, della qualità tecnica delle macchine in questione. Il cui sviluppo, non dimentichiamolo, viene in parte anche dal pilota!
 
E, poi, qui il paragone con chi, un tedesco, è giunto in Ferrari a 27 anni con il compito di ricucire gli strappi e riportare il titolo al Cavallino.. viene più che spontaneo!

Una buona occasione per non dimenticare: