giovedì 15 novembre 2012

Tanto con Poco


In un'epoca in cui Supercar vuol dire Lusso e Comfort vale la pena buttare un occhio al passato e ricordare un progetto che, ormai, resta nella mente di pochi (ma buoni!): la Honda NSX.


Nel febbraio 1989 al salone dell'auto di Chicago esordisce, infatti, una coupè che prende il concetto "tout le monde peut conduire" e lo mette in pratica! Ma nel migliore dei modi!
Già, perché oggi questa filosofia sembra scaduta nella creazione di bolidi velocissimi, tecnicamente molto avanzati, con potenze stratosferiche e caratterizzati da un handling che, con l'avvento dell'eletteonica, ha permesso a chiunque (appunto!) di poter dire di saper guidare! L'idea degli ingegneri NSX era ben diversa: prendendo come riferimento le prestazioni della Ferrari328, prima, e della Ferrari348, poi, si voleva creare un modello che garantisse il perfetto equilibrio tra la potenza utilizzabile e l'affidabilità tipica della casa nipponica ma con un prezzo accessibile! E ci riuscirono!!
Il grande designer Gordon Murray arrivò ad affermare: «nel momento in cui ho guidato la NSX tutti i riferimenti alle auto Ferrari, Lamborghini, e Porsche, che avevo usato come riferimento per lo sviluppo della F1, sparirono dalla mia mente. Naturalmente la F1 che volevamo creare avrebbe dovuto essere più veloce della NSX, ma la guidabilità e la qualità della NSX sarebbe diventato il nostro nuovo obiettivo».
Il fine ultimo non doveva essere un'auto ipercostosa da poter sfoggiare il sabato sera.. ma una brillante vettura da poter usare tutti i giorni, ma che avesse le soluzioni tecniche del programma Motorsport della Honda.
Il progetto NS-X (New Sportcar eXperimental), che inizialmente si chiamava HP-X (Honda Pininfarina eXperimental), prevedeva, infatti un programma di test di lunga durata e sviluppo per le esigenze estreme su strada e pista che vide attivamente impegnati il pilota giapponese di Formula1 Satoru Nakajima e, udite udite, il grande Ayrton Senna (che QUi vediamo impegnato a promuovere la prodigiosa NSX sul circuito di Suzuka. Da notare il bel traverso all'ingresso della Spoon Curve!!) che proprio con la Honda aveva vinto i suoi 3 mondiali di Formula1.
Fu lo stesso Ayrton a convincere il capo ingegnere Honda ad irrigidire il telaio della NSX, un telaio monoscocca in alluminio ultra leggero e ultra rigido che, insieme alle sospensioni in alluminio a quadrilateri deformabili con doppio braccio oscillante trasversale e forcelle forgiate, collegate a delle ruote in lega forgiata, permise di risparmiare più di 220 kg di peso rispetto al suo equivalente in acciaio.


Una nota di rilievo la merita il motore. Un 3.0 litri V6 da 270 Cv, dotato di tecnologia brevettata VTEC (Variable Valve Timing and Lift Electronic Control.. un sistema per migliorare l'efficienza volumetrica di un motore a combustione interna a quattro tempi) che, con le sue bielle in titanio (era il primo a montarle!) e i pistoni forgiati, era capace di raggiungere quota 8000 giri/minuto. Il design della carrozzeria, fu, invece, studiato (dal designer esecutivo Ken Okuyama e dal capo ingegnere Shigeru Uehara) ispirandosi alla visibilità a 360^ all'interno di un cockpit del jet da combattimento F-16. 
Per le clientele più esigenti era prevista anche una versione Type-R, cioè la NSX-R, che subì una bella dieta (arrivando a 1230 Kg) e sospensioni più rigide all'avantreno per evitare eccessivi trasferimenti di carico in frenata che, nella versione standard, portavano ad un alleggerimento del posteriore con conseguente sovrasterzo!

Negli anni si sono visti svariati cambiamenti: la NSX-T con tetto Targa,la NSX Type-S e Type-S Zero, la Zanardi Edition, nel 1997 la cilindrata è arrivata a 3.2 litri (280 Cv e 305 Nm di coppia),poi c'è stata la NSX-R GT per l'omologazione nel campionato SuperGT e nel 2005 la Honda ha deciso di mandarla in pensione considerato che la Ferrari, la cui 348 era stato il punto di riferimento, aveva già in produzione le sue F355, 360 e F430. 


Recentemente sul web circolano voci riguardo la Nuova Honda NSX, e si parla di grandi innovazioni, con un sistema propulsivo Super Hybrid SH-AWD (Super Handling All Weel Drive) che garantisce una trazione integrale caratterizzata da due motori elettrici posizionati sulle ruote anteriori. Questo nuovo gioiellino ha fatto una breve comparsa nel film The Avengers (ovviamente nelle mani del genio, miliardario, playboy, filantropo Tony Stark!!), ma qualcosa mi dice che il Mito di una "piccola" Honda economica capace di sfidare i giganti non sarà mai più raggiunto..!

martedì 22 maggio 2012

Auto su Misura



Forse in questo particolare momento storico non è il massimo. In un mercato dell'auto che parla solo di un generale calo nel volume di vendita, pensare di spendere centinaia di migliaia di euro per la propria vettura non sembra essere una trovata molto geniale.

Ma per chi può permettersi queste follie, esiste anche l'alternativa motoristica all'abito su misura. Eh già! Perché, così come un sarto ti confeziona l'abito di qualità secondo le tue preferenze e i tuoi gusti, allo stesso modo alla Wiesmann nessuna auto è uguale all'altra. Si tratta di gioielli da trecento all'ora cesellati come da orafi e cuoiai, tutti fatti su ordinazione, scegliendo in una infinita gamma di colori il proprio allestimento interno.




L'auto sportiva da grandi prestazioni fatta a mano porta, di solito, nomi altisonanti come Aston Martin, Ferrari o Morgan. Ma un miracolo fatto da una grande iniziativa imprenditoriale di due fratelli (Friedhelm e Martin Wiesmann appunto) sposato alla tecnologia dei motori BMW (mica poco!!) ha prodotto un marchio d'eccellenza Made in Germany, che oramai comincia ad imporsi dalla Cina agli Emirati, dall'Olanda alla Svizzera, oltre che alla Germania stessa. La collaborazione con BMW può dirsi esclusiva in quanto dal reparto Msport della casa bavarese ne derivano il sequenziale con paddle al volante (a richiesta!), il sistema antibloccaggio, il controllo di stabilità e vari altri.
E parliamo di qualità! John Barker, giornalista della nota (agli appassionati!) rivista EVO, scrive: "la roadster mette a proprio agio nonostante l'incredibile potenza. Se si tocca l'acceleratore troppo presto in una curva da seconda o terza si scoda molto facilmente ma, una volta presa la mano la si recupera con semplicità e progressione. È molto abile, così rapida e desiderabile da dare al meraviglioso 6 cilindri in linea M3 la casa che merita!".

Tutto cominciò nel 1985 (fra l'altro il MiO anno di nascita!) quando, visitando il salone dell'auto di Essen, Friedhelm e Martin decisero di cominciare a costruire auto sportive secondo la più severa filosofia del "purismo". 
Oggi questi splendidi esemplari dal fascino un po' retrò, dotati di chassis in alluminio e carrozzerie in fibra di carbonio, vengono prodotti nella "Manifattura Wiesmann", che sorge in una zona chiamata Muensterland, famosa per l'allevamento dei più esclusivi cavalli di razza. Sarà un caso?

Ciononostante, il cavallino, come ben sappiamo, è un simbolo già usato. Sul muso di questi bolidi, infatti, troneggia un argenteo geko. Perché alla prima prova alla motorizzazione, i tecnici approvarono la Wiesmann dicendo "sta attaccata alla strada come un geko alla parete con le sue ventose"!


Volendo, poi, svilire questa passione con dei semplici numeri (che di vile hanno ben poco!) possiamo dire che con circa 250 mila euro ci si porta a casa la più piccolina, la roadster MF3 dotata di un sei cilindri bavarese da 250 orari. Pensateci su..! 


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domenica 20 maggio 2012

Regolamenti Ammazza-Passione!


La Formula 1 continua a mostrare il peggio di sé. Nell'appuntamento spagnolo del Montmelò abbiamo visto, in ordine, prima la retrocessione di Hamilton a seguito delle qualifiche, poi le insensate penalità comminate in gara a Massa e Vettel. Astrusi regolamenti tecnici e sportivi producono eventi falsati senza anima e storia.

Oh sì, che grande spettacolo il Mondiale di Formula1 2012! Grande equilibrio, vincitori diversi (gioiscono persino Maldonado e la Williams!), una classifica cortissima. Peccato che tale equilibrio sia anche frutto di un appiattimento forzato delle prestazioni delle vetture, di regolamenti tecnici assurdi e di particolari situazioni verificatesi in pista. C’è da piangere per questi regolamenti da vomito, scribacchiati da burocrati senza cervello e avallati da team colpevolmente complici. Ogni GP è una infinita lagna di forzosi pit-stop: i cambi gomme iniziano dopo una decina di giri scarsa e terminano alla bandiera a scacchi. Onestamente, non se ne può più. La colpa, ovvio, è da imputare alla FIA e ai team, rei di aver delegato alla Pirelli la realizzazione di pneumatici-pappa; i team hanno avallato. Anzi, sono stati proprio questi ultimi a pretendere gomme-pappa per “movimentare i GP” e “accrescere lo spettacolo”. Bella trovata, geni!

Come se non bastassero GP condizionati da pit-stop a raffica (non fa in tempo a delinearsi una nuova classifica che inizia un nuovo turno di cambi gomme), ecco che i team, allo scopo di preservare gli pneumatici per la gara, boicottano le qualifiche. Un comportamento palesemente antisportivo, figlio anch’esso di irragionevoli norme relative al numero di treni di gomme disponibile ad evento. Una aberrazione totale: piloti costretti ai box nella Q3 e costretti quindi a rinunciare ad una possibile posizione più favorevole in griglia affinché preservino le gomme per la gara! Un ritornello che si ripete, ormai, ad ogni GP: nell’ultima manche di qualifica del GP di Spagna al Montmelò, Vettel e Schumacher non hanno ottenuto tempi utili (per loro un bel “no time”). Kobayashi, al contrario, ha parcheggiato la propria Sauber a bordo pista al termine della Q2 (era passato in Q3): ufficialmente per “problemi idraulici”, tuttavia non è da scartare l’ipotesi della rinuncia “spontanea” alla Q3 (con conseguente risparmio gomme) camuffata da guaio tecnico. I casi della vita.

Le qualifiche ufficiali sono importanti, pertanto debbono essere onorate fino in fondo (salvo, ovviamente, imprevisti e impedimenti insormontabili). Operazione che i team non fanno.

Che figuracce monumentali! La Formula 1 ridotta a fare la spilorcia sulle gomme, a risparmiarle manco fosse uno sgangherato campionato parrocchiale per scapoli e ammogliati. E il pubblico pagante? Dov’è il tanto decantato rispetto per il pubblico (in netto calo ma ancora disposto a sborsare cifre assurdamente elevate), costretto ad assistere a qualifiche fantasma, a prove ufficiali burletta? I rimedi, semplici ed intuitivi (ma alla FIA le cose semplici non piacciono) ci sono, basta volerli: treni di gomme liberi e, perché no, il ritorno agli pneumatici da qualifica. E buona notte. E diremo di più: attribuire un punto mondiale all’autore della pole-position. Allora sì che i piloti tornerebbero a spingere come forsennati…! Poche parole e "dai de gas".

Qualifiche ufficiali, dunque, da rivedere. Le tre manche di qualifica (anche il Mondiale Superbike ha adottato tale sistema) possono condurre, inoltre, ad una ulteriore macroscopica aberrazione relativa ai tempi cronometrati e al delineamento della griglia di partenza. Può accadere, infatti, che nella ultima e decisiva manche di qualifica (quella che assegna la pole-position e che scrive la storia delle statistiche di un GP) i piloti facciano segnare tempi più alti rispetto a quelli fatti registrare nelle precedenti Q1 e Q2. Certamente, non il massimo della competizione. Occorre, pertanto, ritornare ad attribuire un ruolo sportivo e storico centrale alle qualifiche ufficiali. Il sistema migliore? Beh, poche storie: un’ora di prove, tutti in pista, numero di giri e gomme libero. Chi va più forte parte davanti!

E veniamo all’ennesimo caso che vede suo malgrado Lewis Hamilton protagonista. Ancora una volta, il campione britannico della McLaren è stato preso di mira dai “gufi” della Federazione. Ricapitoliamo. Dopo aver stampato una bella pole-position, Hamilton, consigliato (diciamo pure ordinato!) dal proprio box, ferma la propria monoposto nel giro di rientro. Le qualifiche sono già terminate. Oltre 4 ore più tardi, i lesti e svegli commissari retrocedono Hamilton in ultima posizione, levandogli una sacrosanta pole. La ragione è la seguente: nel serbatoio della McLaren di Hamilton c’è una quantità non regolamentare di carburante. La retrocessione è scattata a seguito della violazione dell’Articolo 6.6.2 del Regolamento Tecnico. Questo Articolo (inserito nell’Article 6: Fuel System) recita: I concorrenti devono garantire che un campione litro di carburante possa essere prelevato dalla vettura in qualsiasi momento durante l'evento. Salvo casi di forza maggiore (riconosciuta come tale dai Commissari Sportivi), qualora un campione di carburante fosse richiesto dopo una sessione di prove libere la vettura in questione deve far ritorno ai box spinta dal proprio motore (originale: Competitors must ensure that a one litre sample of fuel may be taken from the car at any time during the Event. Except in cases of force majeure (accepted as such by the stewards of the meeting), if a sample of fuel is required after a practice session the car concerned must have first been driven back to the pits under its own power.).

Il Regolamento, sebbene criptico in alcune sue parti, parla abbastanza chiaramente: evidentemente, i meccanici McLaren hanno commesso una grave ingenuità, compromettendo la gara dell’incolpevole Hamilton, il quale, con ogni probabilità, avrebbe portato a casa un podio (forse una vittoria) più che sicuro. Si tratta, appunto, di una grave ingenuità e non di una furbata, come sostengono in molti. Infatti, qualche litro in più nel serbatoio non avrebbe in alcun modo influito negativamente sulle prestazioni della McLaren Mp4/27 di Hamilton.

A quanto pare, nel serbatoio della McLaren di Hamilton era rimasto poco più di un litro di carburante, non sufficiente, quindi, a far sì che la vettura potesse rientrare ai box con a bordo il quantitativo di carburante minimo richiesto per le verifiche.

Al contempo, occorre sottolineare la totale inutilità di tale regola. Verrebbe da chiedersi: alla FIA cosa importa se una vettura, anziché un litro, ha nel serbatoio, a qualifiche o gara terminate, mezzo litro o una sola goccia di carburante?  

Premesso il fatto che le verifiche chimiche del carburante possono essere effettuate anche prima delle qualifiche e della gara (il Regolamento parla di “qualsiasi istante durante l’evento”, quindi anche prima delle qualifiche!), premesso il fatto che basta anche mezzo litro (o anche meno) per ispezionare compiutamente la conformità al Regolamento del carburante (ne basterebbe una molecola!), è bene che tale regola venga quantomeno ridiscussa. Ma sarebbe meglio eliminarla del tutto. E poi, sinceramente, la pena inflitta a Hamilton è assolutamente sproporzionata!

Una regola “scema”, le cui penalità altrettanto sceme vengono applicate (stando a quanto afferma il Regolamento) solo a piloti che non abbiano fatto ritorno ai box durante una sessione di prove. Rosberg e Massa, piloti che quest’anno si sono ritrovati “a secco” a fine gara, non hanno subito alcuna sanzione: stando a quanto “afferma” (ma non esplicitamente!) il Regolamento, è lecito a fine gara parcheggiare la propria monoposto e far rientro ai box a piedi. Tuttavia, nel serbatoio deve esserci sempre e comunque almeno 1 litro di carburante a disposizione dei commissari tecnici. Mah, non si capisce la ragione di questa difformità di trattamento tra prove e gara.

Stop, pausa. E a proposito di piatti serviti freddi dai commissari FIA, niente male le penalità inflitte a Vettel e Massa al Montmelò! Secondo i commissari, i due piloti non avrebbero rallentato in corrispondenza di un tratto di pista segnalato con bandiere gialle (a seguito del tamponamento di Schumacher ai danni di Senna). Roba da matti: ormai, le penalità vengono inflitte in base a sensazioni, a sospetti, a soggettive impressioni. La verità è che Massa e Vettel hanno percorso la curva normalmente, senza superare alcuna vettura e seguendo una andatura compatibile alle condizioni della pista (qualche detrito e nulla più). Eppure secondo i commissari, i due avrebbero dovuto “rallentare”. Rallentare? E di quanti chilometri orari? 10, 20, 35, 50? Mistero…

Ecco, appunto, le penalità. Ormai, si tratta di un ennesimo strampalato ritornello che si ripete sino alla noia: fasulle e ingiuste penalità in grado di condizionare e snaturare oltremodo i risultati dei GP e, quindi, l’esito finale del campionato. Basta, please!

E terminiamo buttando un occhio alla farsa del famigerato (sulla carta) 107 per cento. Anche al Montmelò, una HRT, quella di Narain Karthikeyan, era rimasta fuori dalla griglia di partenza: non qualificata. E ancora una volta, i commissari hanno fatto uno strappo alla regola (ma sì, una volta ogni tanto si può fare!), ammettendo alla corsa la vettura in questione. Insomma, la ghigliottina del 107 per cento è, appunto, una autentica farsa: a discrezione dei commissari, le eventuali vetture rimaste fuori vengono escluse o “ripescate”. Un consiglio? Sarebbe più che mai opportuno eliminare la norma del 107 per cento. Ammettere tutte le vetture alla corsa (visto e considerato che le monoposto iscritte al Mondiale non sono 90 ma 24) non costa nulla.

In questi continui giochetti orchestrati dai maghi della FIA, team e piloti non osano alzare la voce: a loro questi pessimi Regolamenti Tecnico e Sportivo vanno bene. Forse andrebbe spiegato loro che, così facendo, si rendono inconsapevolmente ridicoli. Contenti loro…

domenica 22 aprile 2012

F50 Sola differnza: le ruote coperte!

La «F50» era davvero così vicina ad una «F.1»? La risposta è per molti versi affermativa.
Questa Ferrari, infatti, era la prima e a suo tempo l’unica automobile stradale pensata, progettata, costruita e sviluppata con gli stessi criteri che si usavano per le monoposto della massima formula.  Il progetto, ad esempio, si era sviluppato fin dall’inizio attorno al problema aerodinamico con obiettivo prioritario il raggiungimento dei valori prefissati di deportanza sui due assali e come vincolo principale l’impianto di raffreddamento che doveva, tra l’altro, essere il più piccolo e leggero possibile.  Il telaio è stato progettato con lo scopo di ottenere la massima rigidezza con il minimo peso. Cosicchè si è reso necessario,come è avvenuto per la «F.1», il passaggio ai materiali compositi, e in particolare al carbonio. La cellula della “F50" pesa completa soltanto 102 kg (contro i 40 di una monoposto, ma come si può vedere è molto pià grande!) con l’elevata rigidezza torsionale di 3550 kg/grado.
Il motore deriva da quello della F.1 del 1990 con cilindrata portata da 3500 a 4700 cm3. Altra similitudine con le monoposto: ha funzione portante, sostiene le sospensioni posteriori ed è vincolato rigidamente al telaio. Le sospensioni anteriori, invece, sono collegate direttamente alla struttura di carbonio. Lo schema, sia davanti sia dietro, è quello classico delle auto da corsa: doppio triangolo e un puntone di reazione che agisce sulla molla e sull’ammortizzatore (orizzontale) attraverso un sistema "push rod" (braccio spinta).  Uguali anche i materiali: carbonio, leghe leggere di alluminio e magnesio, titanio. Acciaio? Il minimo indispensabile. 


COSì SEMPLICE E COSì GENIALE 
La F50 si apprezza pienamente senza vestiti. Così questa Ferrari rivela appieno la sua essenza di F1 guidabile su strada.
Del resto, qui sono gli schemi del telaio, le soluzioni meccaniche e le leggi dell’aerodinamica a imporre certe scelte, quali il posto guida in posizione molto avanzato, che influenzano anche soluzioni stilistiche come quel  parabrezza avanzato e a ridotta curvatura. A fare la differenza rispetto alle altre automobili è, tanto per incominciare, l’architetura. La monoscocca. interamente di fibre di carbonio impregnate di resina, ha una rigidezza torsionale eccezionale pur pesando soltanto 102 kg. La F50 era l’unica,vettura di produzione ad avere la cellula centrale dell’abitacolo rigidamente ancorata al motore; fissato tramite viti prigioniere direttamente a quattro inserti metallici annegati nella parete di materiale composito della monoscocca. 
All’interno del guscio dell’abitacolo, in uno specifico vano ricavato dietro ai due sedili, è collocato il serbatoio benzina di derivazione aeronautica. Di tessuto gommato, garantisce come nelle F1 la massima sicurezza in caso d’urto e soddisfa le severe normative antinquinamento statunitensi sull’evaporazione di carburante. Alla parte anteriore del guscio, su inserti di lega leggera annegati nelle fibre di carbonio, sono fissate le sospensioni anteriori e gli organi dello sterzo. La scatola guida a cremagliera, prodotta dalla TRW, è una fusione d’alluminio e il comando, non servoassistito, richiede circa 21 gradi di rotazione del volante per sterzare le ruote di 1 grado. Un comando non troppo diretto ma prontissimo e preciso grazie al fatto che tutta la meccanica è assemblata senza l’interposizione di elementi elastici di gomma. Dietro al motore longitudinale, c’è la frizione bidisco a secco della Valeo, che con il suo ridotto diametro consente di abbassare il baricentro della vettura a soli 370 mm da terra. Fra il motore e il cambio una fusione funge da serbatoio per l’olio e da ancoraggio per i bracci delle sospensioni posteriori. Il cambio a 6 marce, in linea con il motore, è inedito, con sincronizzatori ZF a doppio cono che consentono cambiate rapide e facili.
 La perfetta manovrabilità è garantita dalla struttura monolitica della meccanica e della scocca. La distribuzione dei pesi è del 42% circa sull’avantreno e del 58% sul retrotreno, con una massa complessiva a vuoto di 1230 kg. A questi si aggiungono alle alte velocità 120-190 kg di carico aerodinamico. Per la F50 soltanto il meglio del meglio.  Dai freni della Brembo, con dischi di ghisa speciale raffreddati con alettature interne e forati per ridurre le masse, per meglio smaltire l’acqua e ravvivare la superficie delle pastiglie. Le pinze hanno cilindretti rettificati e gommini speciali, così da collaborare al resto dell’impianto per avere da subito un grande mordente.
Con soli 28 kg di spinta la "F50" decelera di 0,7 g rispetto ai 0,55 della "F40", quindi la servoassistenza è superflua e la modulabilità perfetta. Anche i pneumatici Goodyear "Fiorano" hanno appresentato una sfida unica per coniugare doti di durata, omogenea tenuta a freddo e a caldo, su asciutto e su bagnato. Non per nulla sono stati sviluppati dallo stesso gruppo che progetta le gomme per la "F1" Ogni particolare è stato ottimizzato. 

Dalle sospensioni tipo "push rod", con bracci di acciaio tipo monoposto, a bassa sezione ed altissima rigidezza, con tubi ammortizzatori di alluminio e controllo elettronico dello smorzamento, fino ai mozzi ruota di titanio con un disegno che ha consentito d’allungare i bracci delle sospensioni e i semiassi così da ridurre i micro strisciamenti laterali del pneumatico durante le escursioni della sospensione e di ridurre del 15% l’angolo di lavoro del semiasse, così da ridurre gli attriti. Anche i cerchi della Speedline, di lega speciale di magnesio, erano al top dell’efficienza, più leggeri del 25% rispetto alla media. 

AERODINAMICA PADRONA 

“F50» è nata in galleria del vento. Ci sono vo­lute più di duemila ore per mettere a punto le caratteristiche della nuova Ferrari che doveva ri­spondere a precisi requisiti di progetto.
- Elevati valori di deportanza sui due assali
- Distribuzione dei carichi aerodinamici verticali prevalenti sull’asse posteriore per ottenere mag­gior stabilità in tutte le condizioni.
- Variazioni di carico aerodinamico minime in funzione dell’altezza da terra della vettura
- Forze aerodinamiche laterali contenute con il centro di applicazione il più arretrato possibile in modo da minimizzare gli effetti del vento laterale.
- Variazioni minime passando dalla configurazio­ne coupé a quella spider e conservando sempre un buon confort.
- Gran parte del lavoro è stato svolto per mettere a punto il fondo della vettura, sulla «F50» completamente carenato, che svolge un ruolo di fondamentale importanza. L’aria viene incanalata sotto la vettura grazie all”invito ricavato nella parte anteriore. Ma l’altezza del vano motore due ventilatori aspirano l’aria dal fondo, così si ridà energia ai  flussi per il voluto «effetto suolo» che «schiaccia» la vettura al terreno.
Molto importante la definizione delle prese d’aria, ottimizzate in modo da elevarne al massimo l’efficienza. Dato interessante: carico verticale a 300 km/h pari a 310 kg di cui il 35 % sull’assale anteriore e il restante 65 % su quello posteriore. 

AVVOLTA DAL CARBONIO

Anche l’abitacolo è stato concepito con lo stesso criterio di razionalità che ha guidato tutto il progetto della vettura. Il superfluo pesa, non serve e perciò è inutile su di un’auto nata per far vivere emozioni da corsa. Invece tutto quello che è indispensabile è stato oggetto di lunghi studi e di una cura meticolosa.
  I sedili, con guscio di carbonio sono rivestiti di morbida pelle Connolly con la parte centrale realizzata di uno speciale tessuto traspirante per il miglior confort «termico» del pilota e del passeggero. Avvolgono e trattengono il corpo esattamente come quelli utilizzati sulle auto da corsa. La pedaliera, completamente regolabile, è una piccola opera d’arte. Incernierata in basso, con i tre componenti vicini e perfettamente allineati tra di loro, è stata evidentemente pensata per manovre sportive (punta-tacco). Infine la leva del cambio è in posizione ergonornicamente corretta e scorre, come su tutte le Ferrari stradali, nella classica griglia a settori. La presenza del carbonio è dominante. D’altra parte la «F50» è costruita tutta con questo affascinante materiale e sarebbe assurdo nasconderlo. Così il telaio affiora a nudo in tutte le zone dell’abitacolo e di carbonio è anche la plancia, semplice, lineare, sportivissima. Anche nella strumentazione si è fatto ricorso all’esperienza agonistica; si tratta di un display a cristalli liquidi retroiluminato, interamente gestito da un microprocessore. Le informazioni fornite in forma analogica o digitale, sono molteplici: il regime, la velocità, e naturalmente tutti i dati riguardanti il motore, cioè la temperatura dell’acqua, la temperatura e pressione dell’olio motore e così via. C’è anche un display multispia per le segnalazione d’allarme. Ma non è tutto, il sistema possiede anche una propria memoria dove vengono registrati i principali parametri di funzionamento e le possibili anomalie (giri motore, velocità, temperature, ecc.) cosicchè, in sede di controllo, è possibile risalire all’uso che è stato fatto della vettura. 

SUA MAESTA’ IL MOTORE
Ferrari è il Motore. Eccezionale sempre, su ogni modello. Ma il propulsore della «F50» può dirsi veramente unico. Come può esserlo un «12k nato solo per correre nel 1989 e modificato per l’utilizzo stradale. Se il motore di «formula 1» ha una vita di 3 ore e non sopporta regimi inferiori a 5000 giri, quello della «F50» soddisfa tutti i requisiti di durata, emissioni inquinanti, affidabilità e guidabilità di ogni Ferrari di serie; resiste a 200 ore in sala prove e gira al minimo regolare come un orologio. Risultati ottenuti portando da 3500 a 4700 la cilindrata, aumentando la corsa (69 mm) rispetto al motore della «640» ma conservandone inalterato la distanza fra i cilindri. Risultato: 383 kW.-520 CV a 8500 giri, coppia massima di 471 Nnm-48 kgm e … un’ottantina di cavalli già a 1500 giri. Le bancate del basamento formano una V di 65° e sono rimaste quelle della monoposto, di ghisa sferoidale con canne ricavate direttamente nella fusione a pareti sottili, di 2 mm contro i 4-5 mm del basamento di una vettura di serie. Questa esasperazione implica inesorabili controlli qualità. Per un motore normale le canne di ghisa vanno bene, qui non basta. Per ridurre attriti e usure (il consumo olio, anche in pista, non supera i 500 grammi ogni 1000 km) vengono trattate superficialmente secondo il procedimento Nikasil. 
La logistica non è da poco: ogni basamento veniva fuso e lavorato a Maranello, mandato in Germania alla Mahle per il trattamento e riportato alla Ferrari per l’assemblaggio. I pistoni Mahle sono di lega d’alluminio forgiata, le bielle di titanio. Ogni dettaglio è esasperato, anche le tenute sulla testa sono speciali, con guarnizioni ad anello come quelle della “formula 1”. La testa ha quattro alberi a camme azionati da due catene Morse che azionano direttamente le cinque valvole per cilindro. Mentre in «F.1» occorre smontare gli alberi a camme per accedere alle pastiglie calibrate delle punterie, sulla «F50» le sottili pastiglie fra albero e bicchierino non richiedono operazioni complesse. Degne di un orologiaio svizzero sono le lavorazioni e l’assemblaggio dei sei corpi farfallati eseguite dalla Weber di Bologna, con le 12 farfalle in perfetta sincronia nella regolazione del passaggio dell’aria per i cilindri. 

NON E’ SOLO QUESTIONE DI STILE
 Ferrari e Pininfarina, il legame è indissolubile e l’ F50 conferma l’assioma. L’ingegner Lorenzo Ramaciotti, l'allora amministratore delegato, fugava ogni dubbio sulle soluzioni formali della Vettura: "Non è il frutto di intuizioni o mode stilistiche.  Ogni curva, ogni presa d’aria nata in galleria del vento , alla ricerca della massima efficienza areodinamica. La sua personalità unica nasce  proprio dall’impostazione tecnologica che va dallo studio del fondo piatto alla ricerca del miglior andamento dei flussi d’aria. Ecco perchè la carrozzeria riesce a conciliare al meglio profilatura e aderenza come risolvere la quadratura del cerchio.  L’ F50 ha più o meno lo stesso Cx dell’ F40 (0,36) con una deportanza (Cz di 0,37) molto maggiore. A tutte le velocità, in rettilineo e in curva, la sua aereodinamica la rende assai più aderente al terreno. E questo era il nostro obiettivo." 

E la storia ha un mito in più da poter raccontare..

sabato 21 aprile 2012

Tout le monde peut conduire


Remy, il simpatico topolino protagonista della pellicola d'animazione Ratatouille, prendeva ad ispirazione un libro del celebre Chef Auguste Gusteau dal titolo "Tutti possono cucinare" («tout le monde peut cuisiner»). Ad oggi questa filosofia si può  estendere ad altri campi, come quello motoristico. Ed ecco che l'elettronica permette a un modesto pilota come chi scrive di guidare una Ferrari e o una Lamborghini in tutta sicurezza permettendoci di affermare "Tutti possono guidare"!Le automobili dei giorni nostri sono infatti  condite dei più svariati sistemi di controllo della trazione, della sbandata, della frenata e, perché no, anche del parcheggio. Tanto per citarne qualcuno, senza che il provetto guidatore di turno  ne sia a conoscenza,  troviamo  ABS, ASR, VDC, ESP, BAS, ECU, MSR e qualche sistema di più recente sviluppo e diffusione come TPMS, ParkAssist, LIDAR o LineControl. Inutile dire che il futuro prevede l'introduzione di ulteriori controlli, sarà il veicolo a guidare il pilota e non viceversa!Tutto ciò fa sembrare le autostrade e i trasporti di un film fantascientifico come Io Robot (con protagonista un grande Will Smith e una bellissima  Bridget Moynahan) un futuro non troppo lontano! Non ci dimentichiamo che tali accessori spesso sono troppo sofisticati e richiedono manutenzione extra-ordinaria, l'insieme dell'elettronica crea maggior peso e pertanto maggiori consumi.Ma vogliamo davvero tutto questo?