domenica 22 aprile 2012

F50 Sola differnza: le ruote coperte!

La «F50» era davvero così vicina ad una «F.1»? La risposta è per molti versi affermativa.
Questa Ferrari, infatti, era la prima e a suo tempo l’unica automobile stradale pensata, progettata, costruita e sviluppata con gli stessi criteri che si usavano per le monoposto della massima formula.  Il progetto, ad esempio, si era sviluppato fin dall’inizio attorno al problema aerodinamico con obiettivo prioritario il raggiungimento dei valori prefissati di deportanza sui due assali e come vincolo principale l’impianto di raffreddamento che doveva, tra l’altro, essere il più piccolo e leggero possibile.  Il telaio è stato progettato con lo scopo di ottenere la massima rigidezza con il minimo peso. Cosicchè si è reso necessario,come è avvenuto per la «F.1», il passaggio ai materiali compositi, e in particolare al carbonio. La cellula della “F50" pesa completa soltanto 102 kg (contro i 40 di una monoposto, ma come si può vedere è molto pià grande!) con l’elevata rigidezza torsionale di 3550 kg/grado.
Il motore deriva da quello della F.1 del 1990 con cilindrata portata da 3500 a 4700 cm3. Altra similitudine con le monoposto: ha funzione portante, sostiene le sospensioni posteriori ed è vincolato rigidamente al telaio. Le sospensioni anteriori, invece, sono collegate direttamente alla struttura di carbonio. Lo schema, sia davanti sia dietro, è quello classico delle auto da corsa: doppio triangolo e un puntone di reazione che agisce sulla molla e sull’ammortizzatore (orizzontale) attraverso un sistema "push rod" (braccio spinta).  Uguali anche i materiali: carbonio, leghe leggere di alluminio e magnesio, titanio. Acciaio? Il minimo indispensabile. 


COSì SEMPLICE E COSì GENIALE 
La F50 si apprezza pienamente senza vestiti. Così questa Ferrari rivela appieno la sua essenza di F1 guidabile su strada.
Del resto, qui sono gli schemi del telaio, le soluzioni meccaniche e le leggi dell’aerodinamica a imporre certe scelte, quali il posto guida in posizione molto avanzato, che influenzano anche soluzioni stilistiche come quel  parabrezza avanzato e a ridotta curvatura. A fare la differenza rispetto alle altre automobili è, tanto per incominciare, l’architetura. La monoscocca. interamente di fibre di carbonio impregnate di resina, ha una rigidezza torsionale eccezionale pur pesando soltanto 102 kg. La F50 era l’unica,vettura di produzione ad avere la cellula centrale dell’abitacolo rigidamente ancorata al motore; fissato tramite viti prigioniere direttamente a quattro inserti metallici annegati nella parete di materiale composito della monoscocca. 
All’interno del guscio dell’abitacolo, in uno specifico vano ricavato dietro ai due sedili, è collocato il serbatoio benzina di derivazione aeronautica. Di tessuto gommato, garantisce come nelle F1 la massima sicurezza in caso d’urto e soddisfa le severe normative antinquinamento statunitensi sull’evaporazione di carburante. Alla parte anteriore del guscio, su inserti di lega leggera annegati nelle fibre di carbonio, sono fissate le sospensioni anteriori e gli organi dello sterzo. La scatola guida a cremagliera, prodotta dalla TRW, è una fusione d’alluminio e il comando, non servoassistito, richiede circa 21 gradi di rotazione del volante per sterzare le ruote di 1 grado. Un comando non troppo diretto ma prontissimo e preciso grazie al fatto che tutta la meccanica è assemblata senza l’interposizione di elementi elastici di gomma. Dietro al motore longitudinale, c’è la frizione bidisco a secco della Valeo, che con il suo ridotto diametro consente di abbassare il baricentro della vettura a soli 370 mm da terra. Fra il motore e il cambio una fusione funge da serbatoio per l’olio e da ancoraggio per i bracci delle sospensioni posteriori. Il cambio a 6 marce, in linea con il motore, è inedito, con sincronizzatori ZF a doppio cono che consentono cambiate rapide e facili.
 La perfetta manovrabilità è garantita dalla struttura monolitica della meccanica e della scocca. La distribuzione dei pesi è del 42% circa sull’avantreno e del 58% sul retrotreno, con una massa complessiva a vuoto di 1230 kg. A questi si aggiungono alle alte velocità 120-190 kg di carico aerodinamico. Per la F50 soltanto il meglio del meglio.  Dai freni della Brembo, con dischi di ghisa speciale raffreddati con alettature interne e forati per ridurre le masse, per meglio smaltire l’acqua e ravvivare la superficie delle pastiglie. Le pinze hanno cilindretti rettificati e gommini speciali, così da collaborare al resto dell’impianto per avere da subito un grande mordente.
Con soli 28 kg di spinta la "F50" decelera di 0,7 g rispetto ai 0,55 della "F40", quindi la servoassistenza è superflua e la modulabilità perfetta. Anche i pneumatici Goodyear "Fiorano" hanno appresentato una sfida unica per coniugare doti di durata, omogenea tenuta a freddo e a caldo, su asciutto e su bagnato. Non per nulla sono stati sviluppati dallo stesso gruppo che progetta le gomme per la "F1" Ogni particolare è stato ottimizzato. 

Dalle sospensioni tipo "push rod", con bracci di acciaio tipo monoposto, a bassa sezione ed altissima rigidezza, con tubi ammortizzatori di alluminio e controllo elettronico dello smorzamento, fino ai mozzi ruota di titanio con un disegno che ha consentito d’allungare i bracci delle sospensioni e i semiassi così da ridurre i micro strisciamenti laterali del pneumatico durante le escursioni della sospensione e di ridurre del 15% l’angolo di lavoro del semiasse, così da ridurre gli attriti. Anche i cerchi della Speedline, di lega speciale di magnesio, erano al top dell’efficienza, più leggeri del 25% rispetto alla media. 

AERODINAMICA PADRONA 

“F50» è nata in galleria del vento. Ci sono vo­lute più di duemila ore per mettere a punto le caratteristiche della nuova Ferrari che doveva ri­spondere a precisi requisiti di progetto.
- Elevati valori di deportanza sui due assali
- Distribuzione dei carichi aerodinamici verticali prevalenti sull’asse posteriore per ottenere mag­gior stabilità in tutte le condizioni.
- Variazioni di carico aerodinamico minime in funzione dell’altezza da terra della vettura
- Forze aerodinamiche laterali contenute con il centro di applicazione il più arretrato possibile in modo da minimizzare gli effetti del vento laterale.
- Variazioni minime passando dalla configurazio­ne coupé a quella spider e conservando sempre un buon confort.
- Gran parte del lavoro è stato svolto per mettere a punto il fondo della vettura, sulla «F50» completamente carenato, che svolge un ruolo di fondamentale importanza. L’aria viene incanalata sotto la vettura grazie all”invito ricavato nella parte anteriore. Ma l’altezza del vano motore due ventilatori aspirano l’aria dal fondo, così si ridà energia ai  flussi per il voluto «effetto suolo» che «schiaccia» la vettura al terreno.
Molto importante la definizione delle prese d’aria, ottimizzate in modo da elevarne al massimo l’efficienza. Dato interessante: carico verticale a 300 km/h pari a 310 kg di cui il 35 % sull’assale anteriore e il restante 65 % su quello posteriore. 

AVVOLTA DAL CARBONIO

Anche l’abitacolo è stato concepito con lo stesso criterio di razionalità che ha guidato tutto il progetto della vettura. Il superfluo pesa, non serve e perciò è inutile su di un’auto nata per far vivere emozioni da corsa. Invece tutto quello che è indispensabile è stato oggetto di lunghi studi e di una cura meticolosa.
  I sedili, con guscio di carbonio sono rivestiti di morbida pelle Connolly con la parte centrale realizzata di uno speciale tessuto traspirante per il miglior confort «termico» del pilota e del passeggero. Avvolgono e trattengono il corpo esattamente come quelli utilizzati sulle auto da corsa. La pedaliera, completamente regolabile, è una piccola opera d’arte. Incernierata in basso, con i tre componenti vicini e perfettamente allineati tra di loro, è stata evidentemente pensata per manovre sportive (punta-tacco). Infine la leva del cambio è in posizione ergonornicamente corretta e scorre, come su tutte le Ferrari stradali, nella classica griglia a settori. La presenza del carbonio è dominante. D’altra parte la «F50» è costruita tutta con questo affascinante materiale e sarebbe assurdo nasconderlo. Così il telaio affiora a nudo in tutte le zone dell’abitacolo e di carbonio è anche la plancia, semplice, lineare, sportivissima. Anche nella strumentazione si è fatto ricorso all’esperienza agonistica; si tratta di un display a cristalli liquidi retroiluminato, interamente gestito da un microprocessore. Le informazioni fornite in forma analogica o digitale, sono molteplici: il regime, la velocità, e naturalmente tutti i dati riguardanti il motore, cioè la temperatura dell’acqua, la temperatura e pressione dell’olio motore e così via. C’è anche un display multispia per le segnalazione d’allarme. Ma non è tutto, il sistema possiede anche una propria memoria dove vengono registrati i principali parametri di funzionamento e le possibili anomalie (giri motore, velocità, temperature, ecc.) cosicchè, in sede di controllo, è possibile risalire all’uso che è stato fatto della vettura. 

SUA MAESTA’ IL MOTORE
Ferrari è il Motore. Eccezionale sempre, su ogni modello. Ma il propulsore della «F50» può dirsi veramente unico. Come può esserlo un «12k nato solo per correre nel 1989 e modificato per l’utilizzo stradale. Se il motore di «formula 1» ha una vita di 3 ore e non sopporta regimi inferiori a 5000 giri, quello della «F50» soddisfa tutti i requisiti di durata, emissioni inquinanti, affidabilità e guidabilità di ogni Ferrari di serie; resiste a 200 ore in sala prove e gira al minimo regolare come un orologio. Risultati ottenuti portando da 3500 a 4700 la cilindrata, aumentando la corsa (69 mm) rispetto al motore della «640» ma conservandone inalterato la distanza fra i cilindri. Risultato: 383 kW.-520 CV a 8500 giri, coppia massima di 471 Nnm-48 kgm e … un’ottantina di cavalli già a 1500 giri. Le bancate del basamento formano una V di 65° e sono rimaste quelle della monoposto, di ghisa sferoidale con canne ricavate direttamente nella fusione a pareti sottili, di 2 mm contro i 4-5 mm del basamento di una vettura di serie. Questa esasperazione implica inesorabili controlli qualità. Per un motore normale le canne di ghisa vanno bene, qui non basta. Per ridurre attriti e usure (il consumo olio, anche in pista, non supera i 500 grammi ogni 1000 km) vengono trattate superficialmente secondo il procedimento Nikasil. 
La logistica non è da poco: ogni basamento veniva fuso e lavorato a Maranello, mandato in Germania alla Mahle per il trattamento e riportato alla Ferrari per l’assemblaggio. I pistoni Mahle sono di lega d’alluminio forgiata, le bielle di titanio. Ogni dettaglio è esasperato, anche le tenute sulla testa sono speciali, con guarnizioni ad anello come quelle della “formula 1”. La testa ha quattro alberi a camme azionati da due catene Morse che azionano direttamente le cinque valvole per cilindro. Mentre in «F.1» occorre smontare gli alberi a camme per accedere alle pastiglie calibrate delle punterie, sulla «F50» le sottili pastiglie fra albero e bicchierino non richiedono operazioni complesse. Degne di un orologiaio svizzero sono le lavorazioni e l’assemblaggio dei sei corpi farfallati eseguite dalla Weber di Bologna, con le 12 farfalle in perfetta sincronia nella regolazione del passaggio dell’aria per i cilindri. 

NON E’ SOLO QUESTIONE DI STILE
 Ferrari e Pininfarina, il legame è indissolubile e l’ F50 conferma l’assioma. L’ingegner Lorenzo Ramaciotti, l'allora amministratore delegato, fugava ogni dubbio sulle soluzioni formali della Vettura: "Non è il frutto di intuizioni o mode stilistiche.  Ogni curva, ogni presa d’aria nata in galleria del vento , alla ricerca della massima efficienza areodinamica. La sua personalità unica nasce  proprio dall’impostazione tecnologica che va dallo studio del fondo piatto alla ricerca del miglior andamento dei flussi d’aria. Ecco perchè la carrozzeria riesce a conciliare al meglio profilatura e aderenza come risolvere la quadratura del cerchio.  L’ F50 ha più o meno lo stesso Cx dell’ F40 (0,36) con una deportanza (Cz di 0,37) molto maggiore. A tutte le velocità, in rettilineo e in curva, la sua aereodinamica la rende assai più aderente al terreno. E questo era il nostro obiettivo." 

E la storia ha un mito in più da poter raccontare..

sabato 21 aprile 2012

Tout le monde peut conduire


Remy, il simpatico topolino protagonista della pellicola d'animazione Ratatouille, prendeva ad ispirazione un libro del celebre Chef Auguste Gusteau dal titolo "Tutti possono cucinare" («tout le monde peut cuisiner»). Ad oggi questa filosofia si può  estendere ad altri campi, come quello motoristico. Ed ecco che l'elettronica permette a un modesto pilota come chi scrive di guidare una Ferrari e o una Lamborghini in tutta sicurezza permettendoci di affermare "Tutti possono guidare"!Le automobili dei giorni nostri sono infatti  condite dei più svariati sistemi di controllo della trazione, della sbandata, della frenata e, perché no, anche del parcheggio. Tanto per citarne qualcuno, senza che il provetto guidatore di turno  ne sia a conoscenza,  troviamo  ABS, ASR, VDC, ESP, BAS, ECU, MSR e qualche sistema di più recente sviluppo e diffusione come TPMS, ParkAssist, LIDAR o LineControl. Inutile dire che il futuro prevede l'introduzione di ulteriori controlli, sarà il veicolo a guidare il pilota e non viceversa!Tutto ciò fa sembrare le autostrade e i trasporti di un film fantascientifico come Io Robot (con protagonista un grande Will Smith e una bellissima  Bridget Moynahan) un futuro non troppo lontano! Non ci dimentichiamo che tali accessori spesso sono troppo sofisticati e richiedono manutenzione extra-ordinaria, l'insieme dell'elettronica crea maggior peso e pertanto maggiori consumi.Ma vogliamo davvero tutto questo?